The meaning of architectural language can be traced back to the morphological characters of geometry: the entity that allowed man to dominate the earth by measuring it. Looking at this poetic order, probably we can build a genealogical investigation that justifies the formal genesis of all architectures with the simple geometric figures. As in a timeless Euclidean paradox in which the square, the circle and the triangle become canons for an architecture made of two-dimensional planes: the field of abstraction where the brain of man is more comfortable. In fact, the most significant representations of architectural projects refer to the orthogonal triad. It is a matter of plan, prospectus and section and, therefore, things that delimit their field of existence to a sheet with two dimensions. Therefore, the formulation of an Euclidean hermeneutic would allow us to trace a procedural code to investigate the reasons for the compositional choices, both in the use of pure and spurious forms. A code that must be used in such a way that it is useful but not devastated by a pervasive and obsessive use as if it was a bible to be executed point by point. That wouldn’t work out. The code must be a useful manual that can, through a transcription without guilt, convince an architect, a scholar or a lover of matter to approach the untouchable perfection of Euclidean geometric figures and the thousand possibilities of use, even seemingly improper, in architecture, without being dominated by the anxiety to come across something untouchable, forgotten and very resistant to those variations and modifying actions that make ductile, useful and manageable even the most hyperuranie ideas of architecture. In short, only by acting in this way we can focus on a constellation of possible expressions on the recognition, alteration, corruption and interpolation of forgotten and fundamental plane geometries in the poetics of an architect. Especially at a time like this that is poised between rule, expression, ecology, history, freedom, tragedy and irony: in short, a great mess.

Il significato del linguaggio architettonico può essere ricondotto ai caratteri morfologici della geometria: l’ente che ha consentito all’uomo di dominare la terra misurandola. Guardando a questo ordine poetico probabilmente si può costruire un’indagine genealogica che consenta di ricondurre la genesi formale di tutte le architetture a quella delle figure geometriche semplici. Quasi come in un paradosso euclideo atemporale in cui il quadrato, il cerchio e il triangolo divengono canoni per una forma di architettura fatta di piani bidimensionali. È, infatti, proprio in questo campo di astrazione che il cervello dell’uomo è più a suo agio. Non a caso le rappresentazioni più significative dei progetti di architettura, quelle più intrise di astrazione cognitiva e non di fotorealismo da facili emozioni, si riferiscono alla triade ortogonale. Si tratta di pianta, prospetto e sezione e, quindi, di cose che delimitano il loro campo di esistenza a un supporto cartaceo a due dimensioni. Quindi la formulazione di una ermeneutica euclidea consentirebbe di rintracciare un codice procedurale per indagare le ragioni delle scelte compositive, sia nell’utilizzo delle forme in maniera pura che in quella spuria. Un codice che però va usato in maniera tale che sia utile ma non devastato da un uso pervasivo e ossessivo come se fosse una bibbia da eseguire punto per punto. Così non funzionerebbe. Il codice deve essere un manuale utile che possa, attraverso una trascrizione priva di sensi di colpa, convincere un architetto, uno studioso o un cultore della materia ad avvicinarsi alla perfezione intoccabile delle figure geometriche euclidee e alle mille possibilità di uso, anche apparentemente improprio, in architettura, senza essere dominati dall’ansia di imbattersi in qualcosa di intoccabile, dimenticato e molto resistente a quelle variazioni e azioni modificative che rendono duttili, utili e maneggevoli anche le più iperuranie idee di architettura. Insomma, solo agendo in questo modo si può mettere a fuoco una costellazione di possibili espressioni sul riconoscimento, l’alterazione, la corruzione e l’interpolazione delle geometrie piane dimenticate e fondamentali nella poetica di un architetto. Specie in un momento come questo che è in bilico tra regola, espressione, ecologia, storia, libertà, tragedia e ironia: insomma un gran guazzabuglio.

Euclidean rescue / Arcopinto, Luigi. - 2:2(2021), pp. 24-25. (Intervento presentato al convegno 2nd Internetional Conference on Architecture: Canon and code. The language of arts in today's world tenutosi a Roma).

Euclidean rescue

Arcopinto, Luigi
2021

Abstract

The meaning of architectural language can be traced back to the morphological characters of geometry: the entity that allowed man to dominate the earth by measuring it. Looking at this poetic order, probably we can build a genealogical investigation that justifies the formal genesis of all architectures with the simple geometric figures. As in a timeless Euclidean paradox in which the square, the circle and the triangle become canons for an architecture made of two-dimensional planes: the field of abstraction where the brain of man is more comfortable. In fact, the most significant representations of architectural projects refer to the orthogonal triad. It is a matter of plan, prospectus and section and, therefore, things that delimit their field of existence to a sheet with two dimensions. Therefore, the formulation of an Euclidean hermeneutic would allow us to trace a procedural code to investigate the reasons for the compositional choices, both in the use of pure and spurious forms. A code that must be used in such a way that it is useful but not devastated by a pervasive and obsessive use as if it was a bible to be executed point by point. That wouldn’t work out. The code must be a useful manual that can, through a transcription without guilt, convince an architect, a scholar or a lover of matter to approach the untouchable perfection of Euclidean geometric figures and the thousand possibilities of use, even seemingly improper, in architecture, without being dominated by the anxiety to come across something untouchable, forgotten and very resistant to those variations and modifying actions that make ductile, useful and manageable even the most hyperuranie ideas of architecture. In short, only by acting in this way we can focus on a constellation of possible expressions on the recognition, alteration, corruption and interpolation of forgotten and fundamental plane geometries in the poetics of an architect. Especially at a time like this that is poised between rule, expression, ecology, history, freedom, tragedy and irony: in short, a great mess.
2021
2nd Internetional Conference on Architecture: Canon and code. The language of arts in today's world
Il significato del linguaggio architettonico può essere ricondotto ai caratteri morfologici della geometria: l’ente che ha consentito all’uomo di dominare la terra misurandola. Guardando a questo ordine poetico probabilmente si può costruire un’indagine genealogica che consenta di ricondurre la genesi formale di tutte le architetture a quella delle figure geometriche semplici. Quasi come in un paradosso euclideo atemporale in cui il quadrato, il cerchio e il triangolo divengono canoni per una forma di architettura fatta di piani bidimensionali. È, infatti, proprio in questo campo di astrazione che il cervello dell’uomo è più a suo agio. Non a caso le rappresentazioni più significative dei progetti di architettura, quelle più intrise di astrazione cognitiva e non di fotorealismo da facili emozioni, si riferiscono alla triade ortogonale. Si tratta di pianta, prospetto e sezione e, quindi, di cose che delimitano il loro campo di esistenza a un supporto cartaceo a due dimensioni. Quindi la formulazione di una ermeneutica euclidea consentirebbe di rintracciare un codice procedurale per indagare le ragioni delle scelte compositive, sia nell’utilizzo delle forme in maniera pura che in quella spuria. Un codice che però va usato in maniera tale che sia utile ma non devastato da un uso pervasivo e ossessivo come se fosse una bibbia da eseguire punto per punto. Così non funzionerebbe. Il codice deve essere un manuale utile che possa, attraverso una trascrizione priva di sensi di colpa, convincere un architetto, uno studioso o un cultore della materia ad avvicinarsi alla perfezione intoccabile delle figure geometriche euclidee e alle mille possibilità di uso, anche apparentemente improprio, in architettura, senza essere dominati dall’ansia di imbattersi in qualcosa di intoccabile, dimenticato e molto resistente a quelle variazioni e azioni modificative che rendono duttili, utili e maneggevoli anche le più iperuranie idee di architettura. Insomma, solo agendo in questo modo si può mettere a fuoco una costellazione di possibili espressioni sul riconoscimento, l’alterazione, la corruzione e l’interpolazione delle geometrie piane dimenticate e fondamentali nella poetica di un architetto. Specie in un momento come questo che è in bilico tra regola, espressione, ecologia, storia, libertà, tragedia e ironia: insomma un gran guazzabuglio.
04 Pubblicazione in atti di convegno::04d Abstract in atti di convegno
Euclidean rescue / Arcopinto, Luigi. - 2:2(2021), pp. 24-25. (Intervento presentato al convegno 2nd Internetional Conference on Architecture: Canon and code. The language of arts in today's world tenutosi a Roma).
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